SPIRITUALITÀ & PSICOTERAPIA
La terza generazione
COS'È HO'OPONOPONO E COME INIZIARE A PRATICARLO
di Serena PoliHo'oponopono è una parola che ha fatto una lunga strada per arrivare fino a noi, nella nostra società occidentale, ed a te, che probabilmente stai leggendo questo articolo dallo schermo del tuo computer o del tuo telefono.
Il termine ho'oponopono ha origine infatti niente meno che nelle Hawaii, e dalla lingua locale si traduce letteralmente in rimettere le cose al proprio posto. Questo vocabolo è divenuto il nome di una filosofia di vita basata sul perdono e l'accettazione. Non si tratta di una meditazione nel senso stretto del termine, anche se abbraccia molti concetti legati alle meditazioni orientali ed al buddhismo.
La storia più rappresentativa sull'Ho'oponopono è senza dubbio quella del dottor Ihaleakala Hew Len, un terapista hawaiano che è stato in grado di curare un intero reparto di pazienti psichiatrici senza neppure incontrarli o spendere un solo minuto nella loro stessa stanza.
Ihaleakala ha minuziosamente esaminato le loro cartelle cliniche e li ha guariti... guarendo sé stesso!
Scopriamo com'è stato possibile.
I concetti alla base di Ho'oponopono
Partiamo dal presupposto che ogni giorno, quando più e quanto meno, ci accadono cose piacevoli e meno piacevoli. Alcune volte sicuramente te la sarai presa con il fato, con la fortuna o chi per loro per una vicenda non proprio positiva che ha rovinato la tua giornata. O ti sarai rallegrato per qualcosa di estremamente positivo che ti è capitato inaspettatamente.
Cosa succederebbe, quindi, se ti dicessi che entrambe le cose hanno la stessa origine, e che entrambe sono state generate non da un'esistenza superiore, ma da te stesso? Proprio in questo concetto risiede l'essenza di ho'oponopono.
Infatti, abbracciare ho'oponopono significa riconoscere che tutto ciò che percepiamo, vediamo, sentiamo ed osserviamo (attenzione, di bello e di brutto) è stato prodotto da noi e dalla nostra energia. E tale energia non è altro che un'estensione ed un'espressione dell'energia del cosmo, di cui siamo parte. Dunque noi siamo allo stesso tempo noi stessi e il resto del mondo, e tutto ciò che vediamo è una nostra creazione. Che dire, ti avevo annunciato che si trattava di un concetto potente!
Ho'oponopono è in sostanza un'illuminazione da accogliere, una tecnica che permette di eliminare il pensiero negativo e i ricordi dolorosi, basandosi sul concetto dualistico del perdono e della gratitudine. Qualora abbiamo commesso azioni sbagliate o provocato con il nostro comportamento conseguenze più o meno gravi, dobbiamo perdonarci ed impegnarci a far sì che tali conseguenze non accadano di nuovo.
Qualora invece siamo riusciti a creare qualcosa di positivo e di benefico, dobbiamo esprimere un sentimento di gratitudine ed impegnarci affinché ciò continui ad accadere.
di Serena Poli
Perché Ho'oponopono è così potente?
Fin dall'inizio dei tempi l'umanità è stata divisa da distanza, barriere linguistiche, confini politici, credenze culturali e religiose. Se pensi alle tue esperienze quotidiane, ogni qualvolta incontriamo qualcuno con un parere o una prospettiva diversi dai nostri quasi sempre ci mettiamo sulla difensiva e cerchiamo di contrastarlo facendo valere il nostro punto di vista.
Il potere incredibile di Ho'oponopono deriva in gran parte dal fatto che è un principio universalmente accettato: a prescindere dalla cultura da cui proveniamo, tutti noi concordiamo sul fatto che i concetti di "grazie, mi dispiace, perdonami e ti amo" sono preziosi e importanti. Se esiste una coscienza collettiva, come hanno suggerito Jung e molte filosofie orientali, allora la base del potere di Ho'oponopono nasce proprio dal grande numero di persone che per secoli di storia hanno accolto questi concetti come preziosi, importanti e utili all'umanità.
In questo modo, Ho'oponopono è in grado di risvegliare un livello di consapevolezza che si estende ben oltre le sue radici hawaiane e germoglia in ogni cultura che sia mai esistita sulla faccia della Terra.
Le origini dell'Ho'oponopono
Il concetto di Ho'oponopono viene dalla cultura polinesiana, che fin dall'antichità ritiene che la malattia, sia fisica che spirituale, derivi dagli errori che commettiamo (chiamati harao hala). Alcune tribù credevano che l'errore scatenasse la rabbia degli déi, altri che attirasse spiriti maligni, e altre ancora vedevano nel senso di colpa provocato dagli errori la causa scatenante del malessere.
Ancora oggi, in alcune isole del Pacifico meridionale, è profondamente radicata la convinzione che rabbia e emozioni negative danneggino fortemente salute fisica. Siccome è impossibile non provare alcuna emozione negativa, la soluzione è la confessione. I popoli del Pacifico credono fermamente che tenere segreto il male che si è fatto porti a peggiorare la situazione. Quando viene confessato l'errore, questo non ha più potere sulla persona.
Questo concetto si è evoluto nel tempo ed è diventato il mantra che oggi caratterizza l'ho'oponopono: non abbiamo più bisogno di confessare il male a qualcun altro, ma possiamo (e dobbiamo) farlo con noi stessi, in quanto rappresentiamo tutto il resto del cosmo. Perdonarci significa dunque perdonare il mondo intero e risanare una ferita collettiva.
Praticare Ho'oponopono
Ma come praticare l'ho'oponopono in concreto, nella nostra vita di tutti i giorni? Possiamo cominciare da pochi semplici accorgimenti, che tuttavia possono essere più difficili di quello che sembra da mettere in pratica. Non perderti comunque d'animo, celebra i tuoi piccoli passi con gratitudine e perseveranza, anche questo è ho'oponopono!
Puoi iniziare principalmente ripetendo (ad alta voce oppure nella tua testa) il mantra su cui si basa questa meditazione, tanto semplice quanto potente: mi dispiace, perdonami, grazie, ti amo.
Il mantra ti aiuta ad assimilare i concetti di perdono, gratitudine e accettazione, assumendoti tutta la responsabilità delle cose che accadono intorno a te, e che sono interamente create da te, per motivi consci od inconsci. Ogni volta che lo ripeti credici davvero, indaga il significato di queste parole nel profondo.
Cerca inoltre un dialogo con il tuo bambino interiore, con i tuoi primi istinti, perché sono quelli in grado di renderti felice. Credi fermamente in un potere più grande e magnanimo di te, che sia capace di perdonarti se sbagli, e che ti dia la forza di accettare i tuoi errori se in te esiste la volontà di migliorare.
Ogni giorno, prova dunque a stabilire un contatto con il tuo "io" più vero ed innocente. Non giudicarti, ma impara dai tuoi errori, celebra le tue vittorie e senti scorrere nelle tue vene una potenza sovrannaturale, un'energia che è te e che allo stesso tempo scorre da te verso il cosmo. Questo, è Ho'oponopono.
I benefici dell'Ho'oponopono
Ho'oponopono può portare nella tua vita moltissimi benefici, tra i quali:
- Una migliore gestione della rabbia
- Accettazione delle emozioni negative
- Riconoscimento della tua forza interiore
- Migliore fiducia in te stesso
- Migliore gestione dello stress
- Aumento dell'ottimismo e della produttività
Iniziando a praticare Ho'oponopono su base regolare e continua ti accorgerai di diventare più aperto e onesto con te stesso. Le cause scatenanti dei tuoi comportamenti potranno venire a galla più facilmente aprendoti a un miglioramento. Questo sistema è stato utilizzato con successo anche per guarire individui soggetti a rabbia repressa, depressione e ansia.
Se vuoi approfondire questa meravigliosa filosofia di vita e iniziare ad introdurla nella tua vita per assimilarne tutti i benefici, ti consiglio vivamente la lettura del libro "La pace comincia da te" di SaYa (Sandro Flora e Silvia Paola Mussini 108grani.com), interamente dedicato all'Ho'oponopono e alle sue pratiche.
Lettura consigliata
La pace comincia da te. Ho-oponopono metti le cose al posto giusto- SaYa
- Editore: Uno Editori
- Edizione n. 2 (01/01/2009)
- Copertina flessibile: 272 pagine
A loro avviso, tutto ciò è incominciato con la morte di Dio e francamente, mi sento molto vicina a questa lettura.
Questo non solo per le mie personalissime convinzioni o dei miei altrettanto discutibili riferimenti valoriali, ma anche come risultato del confronto costante con chi come me svolge la stessa attività professionale.
Mi sembra infatti doveroso prendere atto di quanto interesse ci sia e quanto desiderio per una vera dimensione spirituale nel percorso esistenziale delle persone impegnate in un percorso di cura.
Tale interesse, poi, è formulato in maniera sempre più esplicita e cosciente.
D'altra parte lo stesso Jung aveva affermato: «Sono stato contattato da clienti provenienti da tutte le parti del mondo e, senza eccezione, non ne ho trovato uno che non avesse un problema fondato sul suo atteggiamento personale nei confronti della religione, del rapporto con il trascendente e con la dimensione del trascendente. Tutti si ammalano per aver perso questo collegamento che in passato era assicurato dalla vita delle diverse religioni».
Si può senza dubbio discutere sul significato che ognuno attribuisce al termine "spiritualità", ma il fatto indubitabile è che anche gli ambiti della psicoterapia si stanno sempre più rendendo conto dell'importanza di questa dimensione, forse troppo presto messa da parte in nome della scientificità dell'uomo moderno.
Basta poi guardare quanto sia fiorente, non solo negli States ma in tutto il mondo, il mercato psicoterapeutico dell'editoria new-age e cogliere il bisogno di spiritualità che si tocca quasi con mano in ogni contesto delle umane attività.
Sullo sfondo di tale scenario dunque, a mio avviso, va contestualizzato l'affermarsi dell'"Acceptance and Commitment Therapy" (ACT), che in italiano può essere resa con "Psicoterapia basata sull'accettazione e l'impegno", che viene collocata all'interno di quella che è indicata come la terza generazione ("third wave") della terapia cognitiva e comportamentale.
Infatti se la prima fase della psicoterapia, in quest'ambito degli approcci teorico-clinici, fu caratterizzata dal comportamentismo e la seconda dal cognitivismo, la terza fase è un movimento che s'incardina su interventi che includono, in maniera differente, l'utilizzo dell'accettazione incondizionata, della meditazione, della relazione, dei valori e infine della spiritualità.
Scardovelli - immagine di sé 1
Più che focalizzarsi sulla riduzione dei sintomi, la finalità primaria della ACT consiste nell'aiutare i clienti ad accettare i propri pensieri ed emozioni e vivere in maniera coerente con i propri valori. Così, ad esempio, quelli che sono chiamati i sintomi dell'ansia non sono considerati come elementi problematici. La fonte principale della sofferenza è infatti il tentativo caparbio di controllare e gestire i sintomi.
Scardovelli - immagine di sé 2
Pubblicato il 13 maggio 2012 da Nicola BasileNumber of View: 3908
Dunque si deve riconoscere come la filosofia soggiacente alla ACT, e in generale alle pratiche legate alla meditazione, mostri una modalità di considerare il dolore e il disagio opposta alla visione tradizionale occidentale, legata al controllo e alla riduzione dei sintomi.
In tale prospettiva, l'ACT è talora indicata più come una visione del mondo, una filosofia, una weltanschaung , che come una serie di tecniche terapeutiche.
In conclusione, la spiritualità rientra oggi, a giusta ragione, nello scenario della pratica clinica, anche cognitivista, e va intesa non solo come recupero di quella legittima esigenza dell'uomo di riconnettersi a se stesso, ma anche come bisogno ineludibile di ricollocare il dolore, la morte e Dio in quell' orizzonte umano di senso credibile per tutti coloro che, per una ragione o per l'altra, giungono nella stanza di uno psicoterapeuta.
Psicoterapia e spiritualità: la terza generazione della psicoterapia cognitivista
Pubblicato il 13 maggio 2012 da Nicola BasileNumber of View: 3908di Clara Emanuela Curtotti
La premessa di questo breve articolo nasce da una personale riflessione: sempre più frequentemente avviene, nel contesto della domanda alla psicoterapia, di raccogliere un bisogno esistenziale e spirituale più ampio in senso lato di ciò che lo specifico sintomo o la crisi in cui si è coinvolti, sembrano portare.
Si chiede aiuto per un attacco di panico o una serie di quesiti, per una relazione di dipendenza affettiva di difficile soluzione, per un grave disturbo dell'umore o del comportamento legato all'incapacità avvertita di gestire emozioni come la paura, l'odio, la rabbia o la tristezza, oppure per il rimuginio costante legato al ripresentarsi di una idea fissa o più di esse, ma ciò che accade realmente è che la difficoltà critica conduce, quasi per mano, sulla soglia di quella località della geografia interiore in cui altre domande si impongono alla consapevolezza con il loro carico di angoscia inquietante: "Perché io, perché proprio a me, perché ora.....ed infine qual è il senso di tutto questo?"
A mio avviso l' "Epoca delle passioni tristi", per dirla alla Benasayag e Schmit, non è mai stata così attuale.
Tali autori infatti hanno avuto il merito di sottolineare con efficacia, sulla base delle loro osservazioni cliniche effettuate in Francia, tale dato: le persone oggi portano un bisogno legato a sofferenze che non hanno una vera e propria origine psicologica, o meglio non solo, ma riflettono la tristezza diffusa che caratterizza la nostra società contemporanea, percorsa da un sentimento permanente di insicurezza e di precarietà.